“La formazione che serve”: visioni per un nuovo Fondo Nuove Competenze

Fondo Nuove Competenze - Laboratorio del Net Forum

“Il Fondo Nuove Competenze può diventare una leva strategica se riesce a sostenere non solo la quantità della formazione, ma soprattutto la sua qualità progettuale e trasformativa.”

Con queste parole, Pietro Ferlito – dirigente del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – ha chiuso il secondo laboratorio 2025 dedicato al Fondo Nuove Competenze, centrando il cuore dell’incontro.
L’invito è chiaro: superare la logica dell’adempimento formale e spostare l’attenzione su un interrogativo condiviso da istituzioni, imprese, agenzie formative e, soprattutto, dalle persone che della formazione sono beneficiarie. Qual è davvero “la formazione che serve” per generare  nei territori, nelle organizzazioni e nelle vite delle persone? E come trasformare il Fondo Nuove Competenze in un motore di cambiamento reale e duraturo, che agisca sulla sostanza e sulla specificità, non solo sulla forma?

L’evento del 15 aprile, promosso da Net Forum, ha rappresentato un punto-nave all’interno del Ciclo annuale sul FNC – Edizione IV: un vero e proprio cantiere aperto di confronto e proposta, che coinvolge oltre 250 agenzie formative coordinate da Innovazione e Apprendimento, imprese,  attori istituzionali e delle parti sociali. Dopo una prima fase di ascolto preliminare, condotta attraverso focus group tra agenzie formative e istituzioni come INAPP e Sviluppo Lavoro Italia – voci autorevoli del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – il laboratorio ha rappresentato un momento di sintesi e rilancio.

A rappresentare il punto di vista delle agenzie formative, abbiamo ascoltato la voce di Sergio Nisi, di SAIP Formazione, affiancata da esponenti di grandi imprese, come Cecilia Ranieri di Vodafone Italia, e da figure istituzionali e delle parti sociali. Oltre all’intervento conclusivo di Pietro Ferlito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha partecipato anche Raffaella Croce di Sviluppo Lavoro Italia, contribuendo a delineare le direttrici di sviluppo per un Fondo sempre più orientato alla qualità e all’impatto.

Il confronto è stato arricchito e reso ancora più dinamico grazie all’interazione in tempo reale con la platea tramite la piattaforma Mentimeter. Il percorso continuerà con la Challenge asincrona su SNAP Learning, spazio digitale pensato per estendere la riflessione e raccogliere contributi operativi da tutta la community: contributi che confluiranno nel Libro Bianco del Lavoro e della Formazione.

Una definizione da co-costruire

Alla domanda “Che cosa rende davvero efficace la formazione finanziata?”, la risposta emersa dal confronto tra i partecipanti è stata chiara e condivisa: non sono le regole a fare la differenza, ma la qualità della progettazione e delle relazioni tra attori. È questo l’elemento che trasforma la formazione da adempimento formale a leva strategica. Lo confermano i dati raccolti durante il laboratorio:

  • Coinvolgere le imprese fin dalla progettazione (media di 5,2 su 6): perché il bisogno formativo nasce dai processi reali, non da modelli astratti. Senza un ascolto attivo delle organizzazioni, il rischio è disegnare percorsi disallineati rispetto alle trasformazioni in atto
  • Riconoscere gli enti formativi come co-progettisti, non meri esecutori (media 5,3 su 6): come ha sottolineato Sergio Nisi, gli enti possono e devono essere “poli territoriali di progettazione”, capaci di legare la formazione alle strategie di sviluppo locale.
  • Misurare l’impatto reale, non fermarsi alla rendicontazione (media 5,2): perché la qualità non si certifica solo a fine percorso, ma si costruisce lungo il cammino, osservando se e come la formazione modifica prassi, competenze e visioni.

Da questi tre elementi emerge una prima definizione condivisa di “formazione che serve”: è quella che nasce da un bisogno autentico, coinvolge chi è protagonista dei cambiamenti e genera effetti tangibili nei contesti di lavoro.

Dove e come agire?

Le risposte alla seconda serie di domande hanno consolidato e arricchito la visione emersa. Il punteggio più elevato (5,4 su 6) è stato attribuito all’importanza dell’analisi dei fabbisogni, che per essere davvero utile deve fondarsi su tre pilastri: dati oggettivi, ascolto attivo e lettura approfondita dei processi organizzativi.

Subito dopo, con un punteggio di 5,2, si collocano due assi ritenuti fondamentali da tutti i punti di vista coinvolti:

  • allineare i contenuti formativi alla cultura organizzativa;
  • coinvolgere le imprese nella definizione degli obiettivi, fin dalle fasi iniziali.

Come ha sottolineato Cecilia Ranieri di Vodafone Italia, “non basta offrire contenuti: serve costruire un’infrastruttura stabile che sostenga la formazione continua nel lavoro”. La formazione efficace, infatti, non è compilativa, ma situata, coerente con il contesto e generativa di cambiamento.

Dove intervenire, allora, con urgenza? Tre priorità operative emergono in modo netto:

  • rafforzare l’analisi dei fabbisogni, rendendola partecipata, dinamica e strategica;
  • potenziare la co-progettazione con le imprese, superando logiche di delega formale;
  • allineare i contenuti ai contesti reali, superando modelli standardizzati e preconfezionati.

Quali ostacoli per uscire dalla “caverna”?

Durante la seconda parte del laboratorio, è stata evocata la metafora della caverna platonica per rappresentare un rischio concreto e attuale: quello di una distanza crescente tra la formazione descritta nei progetti e quella che, nella realtà, è davvero generativa, trasformativa, in grado di sostenere il cambiamento e accompagnare le transizioni. Come ha osservato con efficacia Raffaella Croce di Sviluppo Lavoro Italia, “la qualità non si prescrive, si costruisce con responsabilità condivisa”. 

Da questa consapevolezza è così emersa, grazie alle voci di chi ha partecipato alla raccolta di esperienze, una visione coerente delle condizioni necessarie per uscire simbolicamente da quella “caverna”. 

  1. Serve rafforzare le fondamenta progettuali, a partire da un’analisi autentica e condivisa dei bisogni. 
  2. Occorre ripensare la governance della formazione, introducendo responsabilità condivise tra tutti i soggetti coinvolti. 
  3. È indispensabile che imprese e lavoratori tornino a essere protagonisti attivi, non meri destinatari di un processo esterno

Gli ostacoli da affrontare però per uscire dalla caverna non sono semplici e principalmente mettono in discussione delle modalità radicate nel “fare formazione” di oggi:

  1. la mancanza di tempo e metodi, che porta una progettazione veloce e scollegata dai bisogni reali (media 4,4 su 5);
  2. la passività delle imprese che si avvicinano alla formazione senza coglierne le reali opportunità (media 4,2 su 5);
  3. l’uso errato della formazione asincrona come scorciatoia gestionale (3,6 su 5).

Non si tratta solo di ostacoli “tecnici”, ma di visioni da mettere in discussione perché toccano la natura stessa del sistema formativo.

Dal confronto tra testimonianze, dati e scambi tra attori è emersa una sintesi solida e condivisa: la formazione che genera valore è quella che connette, trasforma e produce impatto misurabile: che sicostruiscecon”, non “per”, che innova il modo in cui si lavora e si coopera.

Come detto in apertura con le parole di Pietro Ferlito, è proprio questo il passo che oggi il Fondo Nuove Competenze è chiamato a compiere: da strumento formale a leva reale per la trasformazione dei territori, delle imprese e delle persone.

Il percorso continua
Se fai parte della community Qualificazione per Fondimpresa, contribuisci in prima persona con idee, proposte e riflessioni all’interno della Challenge su SNAP Learning: scrivi la tua idea qui.
Se vuoi avere un ruolo più attivo nella costruzione delle politiche attive del lavoro e partecipare ai prossimi focus group e laboratori nazionali, entra nel cuore del percorso: aderisci al Net Forum.

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