Umanità e innovazione alla base del futuro tecnologico dell’Inps

Testo del paragrafo (3)
L’intervista
«Umanità e innovazione alla base del futuro tecnologico dell’Inps»
Innovazione e umanitàA colloquio con Vincenzo Caridi, direttore generale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale

Vincenzo Caridi«Le parole chiave che hanno guidato l’evoluzione di Inps in questi ultimi complessi anni sono senz’altro tecnologia e persone. L’uso della tecnologia ha permesso all’Inps di semplificare e automatizzare molti dei suoi processi interni, riducendo così i tempi di attesa per gli utenti e aumentando la precisione e la sicurezza nella gestione dei dati. I sistemi online, come l’area riservata del sito Inps, rendono più facili e immediati molti tipi di interazione, come la richiesta di prestazioni, la verifica dello stato delle domande e l’accesso alle informazioni personali relative ai contributi e ai diritti previdenziali. La parola persone sottolinea, invece, l’impegno verso l’utente, sia esso un lavoratore, un pensionato o un beneficiario di prestazioni sociali. Nonostante l’automazione e la digitalizzazione dei servizi, l’Inps si impegna a mantenere un approccio centrato sulla persona, la tecnologia serve a migliorare l’esperienza dell’utente non a renderla più impersonale. L’Istituto garantisce assistenza e supporto a coloro che hanno difficoltà nell’usare i servizi digitali, perché nell’era della trasformazione digitale nessuno sia lasciato indietro».

 

Vincenzo Caridi è il direttore generale dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, che gestisce una parte significativa del sistema di sicurezza sociale in Italia. L’Inps svolge un ruolo cruciale nella gestione delle pensioni e delle prestazioni legate alla maternità, alla malattia, agli infortuni sul lavoro, alle malattie professionali e ai sussidi di disoccupazione. Sempre più importante sarà il supporto che fornirà alla nazione attraverso interventi di contrasto alla povertà e altre forme di assistenza. La sua missione è garantire protezione e sostegno ai cittadini in tutte le fasi della vita, soprattutto in situazioni di bisogno, contribuendo così anche alla coesione sociale. 

Direttore, quali difficoltà ha dovuto affrontare l’Inps durante la pandemia? E come ne uscito?

«La pandemia ha rappresentato una sfida significativa per tutte le istituzioni pubbliche, che si sono trovate a dover accelerare il processo di digitalizzazione per continuare a erogare servizi essenziali alla popolazione. Per l’Inps, questo ha significato un impulso a intensificare la propria strategia di innovazione tecnologica. In questi ultimi anni, ci siamo impegnati nel rendere le diverse banche dati più interoperabili per consentire una gestione più efficace e un’elaborazione più rapida delle richieste degli utenti, migliorando l’accesso a informazioni cruciali per l’erogazione delle prestazioni. Un altro aspetto fondamentale è stato quello connesso all’investimento sulla sicurezza dei dati, fondamentale quando si gestiscono informazioni sensibili. Inoltre, l’investimento ha riguardato l’evoluzione dei servizi digitali visibile sia attraverso il continuo ampliamento e il miglioramento del portale web e delle applicazioni mobili per fornire un accesso più diretto e immediato ai servizi, sia attraverso il miglioramento dei processi di richiesta per le varie prestazioni, come la disoccupazione o la malattia, rendendoli più intuitivi e meno dipendenti dall’intervento umano. Non ultima la sperimentazione di assistenza virtuale che consiste nell’implementazione di chatbot e assistenti virtuali basati sull’Intelligenza artificiale per fornire risposte rapide a domande frequenti e guidare gli utenti attraverso i servizi. Il post-pandemia ha accelerato la nostra tendenza all’innovazione continua e abbiamo creato procedure di emergenza per rispondere rapidamente a situazioni critiche come quella creata dal Covid. Inoltre, l’esperienza del lockdown ci ha spinti a sperimentare forme innovative di lavoro a distanza, di gestione dei gruppi di lavoro e, non ultimo, a inventare modelli formativi innovativi che hanno assicurato un dialogo e un confronto continuo tra dirigenti e funzionari che garantisce non solo che la qualità del servizio rimanga elevata ma che sia aumentata anche la capacità di progettare nuovi servizi efficaci. Tramite queste iniziative, l’Inps ha dimostrato come le pubbliche amministrazioni possano adattarsi in periodi di crisi e utilizzare la tecnologia per migliorare la qualità e l’accessibilità dei servizi pubblici».

Dunque possiamo dire che innovare è una parte ineluttabile della missione dell’Inps. L’innovazione tecnologica significa anche possibilità di un migliore utilizzo del proprio patrimonio di dati?

«Sì. L’innovazione tecnologica nell’ambito della pubblica amministrazione, e in particolare per enti come l’Inps, ha effetti trasformativi sul modo in cui le informazioni vengono gestite e utilizzate. Un migliore utilizzo del patrimonio di datisi esplica per esempio attraverso l’accesso facilitato che permette ai cittadini di essere più informati riguardo alle operazioni dell’Istituto. I dati possono altresì aiutare i responsabili politici a prendere decisioni più informate che riguardano la previdenza sociale, l’assistenza sanitaria e l’occupazione, grazie ad analisi più accurate. Su un altro piano, l’innovazione tecnologica migliora anche la capacità di rilevare frodi e abusi, assicurando che le risorse siano indirizzate in maniera appropriata. Sotto l’aspetto dell’efficienza organizzativa, abbiamo puntato sull’automazione dei processi per ridurre il carico di lavoro amministrativo e velocizzare l’erogazione dei servizi e per analizzare i dati degli utenti per offrire servizi sempre più personalizzati, in grado di soddisfare le esigenze specifiche in modo più preciso».

Direttore, non si pongono problemi di privacy?

«Chiaramente l’uso innovativo dei dati richiede equilibrio tra efficacia e rispetto della privacy. L’Inps, come altre istituzioni pubbliche, assicura che i dati siano gestiti con le massime garanzie di sicurezza e nel pieno rispetto della normativa sulla loro protezione. L’implementazione delle innovazioni tecnologiche ha rappresentato un passo avanti significativo anche a questo fine».

A proposito del concetto di persona, in un intervento lei ha parlato della «salute etica». Perché è necessario, nell’ambito della Pubblica amministrazione, investire sulla «salute etica»? 

«Per me il concetto di “salute etica” indica l’integrità e la rettitudine delle pratiche, delle politiche e del comportamento sia degli enti che dei singoli funzionari. Investire nella “salute etica” è fondamentale per vari motivi. Un primo riguarda la fiducia pubblica. Un’amministrazione che dimostra la propria integrità etica guadagna la fiducia dei cittadini. Inoltre, un forte impegno etico crea un ambiente di lavoro positivo e stabile, contribuendo al benessere dei dipendenti e incentivando la lealtà e l’impegno verso la mission pubblica. Per questo in Inps abbiamo investito sui valori fondativi la cui applicazione può costituire un modello per tutto il tessuto sociale ed economico. Infatti, pratiche etiche nella pubblica amministrazione possono influenzare positivamente le condotte nel settore privato e nella società in generale. Il rafforzamento della base etica assicura che le decisioni siano prese nell’interesse della collettività e non per benefici individuali. Per questi motivi, è imperativo per Inps perseguire la “salute etica”: una componente chiave della responsabilità sociale e della gestione integra della pubblica amministrazione. In questo modo, le pubbliche amministrazioni svolgono le proprie attività istituzionali producendo “valore pubblico”».

Visto che rappresentano l’immagine dello Stato, le Pubbliche amministrazioni contribuiscono in modo incisivo a determinarne la «reputazione». È questo che intende? E ne consegue che operando in modo efficiente, trasparente e responsabile ⸺ in una parola: corretto ⸺ promuovono l’affidabilità, l’attrattività e la crescita del Paese. È così?

«Esattamente. Secondo la mia visione, attraverso le loro attività, le Pubbliche amministrazioni hanno il compito di generare valore aggiunto per la società, migliorando la qualità della vita dei cittadini e il contesto operativo delle imprese. Ciò si traduce in servizi pubblici accessibili, infrastrutture efficaci, sistemi di supporto per l’innovazione e lo sviluppo economico, e programmi che mirano al benessere sociale ed economico complessivo. La reputazione dello Stato è strettamente legata alla percezione di come le sue istituzioni operano e servono il cittadino. Il buon governo non solo rafforza la fiducia dei cittadini ma attira anche investimenti internazionali, talenti e collaborazioni. E la combinazione di tutte queste qualità e pratiche influisce positivamente sulla crescita economica e sociale della Nazione. Il concetto di “valore pubblico” e la “reputazione” di uno Stato sono dunque strettamente legati all’efficacia con cui le pubbliche amministrazioni svolgono le proprie funzioni. Gli sforzi volti a migliorarne l’operato si riflettono in benefici tangibili per i cittadini e per la società nel suo insieme».

Direttore, ritiene che il successo di tali assunti passi attraverso una sempre maggiore valorizzazione e qualificazione del capitale umano impiegato, non solo con riguardo alla specializzazione tecnico-professionale ma anche attraverso l’adozione di misure di benessere e di salute organizzativa?

«Sì, e questo significa sia adottare misure di conciliazione tra vita e lavoro, sia sviluppare una formazione fortemente basata sul sistema valoriale dell’Istituto. Il benessere organizzativo è una leva strategica che le amministrazioni pubbliche possono utilizzare per promuovere l’efficienza, l’integrità e la prevenzione di comportamenti inadeguati. Un ambiente di lavoro sano può avere un impatto significativo su come i dipendenti si comportano e si relazionano con il loro lavoro e con i cittadini. Dipendenti che lavorano in un ambiente positivo, con leadership forte ed etica, e dove il benessere è valorizzato, sono meno inclini a partecipare o tollerare comportamenti illeciti o non etici. L’organizzazione che pone enfasi sul benessere dei suoi membri è più propensa a instaurare relazioni positive con la comunità, che percepisce l’amministrazione come affidabile e ben intenzionata. Creare un ambiente in cui il comportamento non etico non attecchisce è preferibile a doverlo gestire a posteriori: le politiche basate sulla prevenzione sono più efficaci e meno costose delle azioni repressive. In conclusione, un forte benessere organizzativo non è solo una questione di produttività e di ambiente di lavoro piacevole, ma è anche determinante nella prevenzione della cattiva amministrazione e nella promozione di un’etica lavorativa solida all’interno delle pubbliche amministrazioni. Per quanto riguarda l’Inps, la sua vocazione fortemente etica è richiamata nella sua stessa mission istituzionale, che deve realizzare alcuni valori fondamentali della democrazia (solidarietà, inclusione) che trovano espressione nella Costituzione, che all’articolo 38 recita: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria. Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”».

È una grande responsabilità.

«È evidente come sia un alto compito quello che ci è affidato: per realizzarlo è necessario ottimizzare la “qualità” delle nostre risorse, delle persone dell’Inps che ogni giorno indirizzano il loro impegno, la loro professionalità e la loro dedizione verso milioni di utenti, tra i quali sono ampiamente presenti le fasce più deboli della società. Il Legislatore, in primis, ha approntato e valorizzato strumenti che incentivano le buone prassi amministrative e il valore dell’apporto individuale: basta pensare alle recenti riforme che hanno dato rilievo alla performance individuale e organizzativa quali parametri della produttività nell’intento che i dipendenti pubblici possano essere il motore di un cambiamento culturale a beneficio dell’intera collettività statale. Agli interventi normativi deve però seguire la partecipazione dei cittadini, siano essi dipendenti della pubblica amministrazione o utenti».

Si può dire che le politiche di valutazione dell’organizzazione, di digitalizzazione, di corretta erogazione delle prestazioni fino alle attività di vigilanza ispettiva dell’Inps, mettendo al centro di ogni azione la «persona», cittadino, utente o dipendente hanno realizzato una visione «antropocentrica»?

«Senza dubbio l’approccio antropocentrico dell’Inps, e in generale delle pubbliche amministrazioni, enfatizza l’importanza di porre l’individuo al centro di ogni iniziativa. Questa visione umanistica è fondamentale per garantire che la modernizzazione e il miglioramento delle istituzioni pubbliche si svolgano nel rispetto e a beneficio delle persone che servono, sia come cittadini utenti che come dipendenti. Questo orientamento manifesta nelle diverse aree. Ad esempio, le politiche organizzative e benessere che hanno riguardato la ristrutturazione dei processi interni con l’obiettivo di massimizzare l’efficacia e migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti, riconoscendo che lavoratori soddisfatti sono essenziali per fornire servizi di alta qualità ai cittadini. Investire nella salute e nel benessere dei dipendenti per promuovere un ambiente di lavoro positivo contribuisce a una maggiore efficienza e alla riduzione dell’assenteismo. Ma anche nel ricorso alla digitalizzazione e all’Intelligenza artificiale ci siamo mossi per semplificare e rendere più accessibili i servizi mantenendo un approccio centrato sull’uomo, assicurando che la tecnologia agisca come supporto e non come sostituto dell’interazione umana. Quanto alla vigilanza ispettiva, in un’ottica antropocentrica significa monitorare il mercato del lavoro per prevenire e combattere il lavoro nero e altre irregolarità, garantendo condizioni di lavoro giuste e legali. In ogni area, la priorità è garantire che le politiche e le pratiche siano non solo efficaci, ma anche giuste, etiche e volte al miglioramento della qualità della vita di tutti gli interessati».

In coerenza con questa impostazione, investire sul rafforzamento delle competenze dei dipendenti dell’Inps per la realizzazione di servizi digitali sempre più utente-centrici, significa anche rafforzare la capacità amministrativa dell’Istituto in ottica digitale?

«L’impegno dell’Inps è quello di attuare nei prossimi mesi i suggerimenti elaborati dall’Ocse sul tema del rafforzamento delle competenze, realizzando percorsi di formazione ulteriori per i propri dipendenti, che integreranno e completeranno la formazione sulle competenze digitali già fruita finora, anche grazie ai target previsti dal Pnrr, puntando alla diffusione tra il personale di una vera propria “mentalità digitale”. Il Piano ha agevolato l’investimento sulle persone e il Change Management finalizzato a riposizionare il focus dall’adempimento dei compiti agli impatti delle attività e al valore effettivamente generato per l’utente finale, il passaggio da output a outcome. Le amministrazioni pubbliche sono incoraggiate a investire nella formazione dei dipendenti per sviluppare competenze digitali e trasversali che sono cruciali per l’innovazione e il miglioramento dei servizi.  Il Pnrr prevede anche il potenziamento delle risorse umane con l’assunzione di nuovi talenti che possano portare competenze fresche e nuove prospettive. Per quel che concerne il Change Management, gli interventi formativi sono focalizzati sul supporto nell’adozione di una cultura organizzativa più flessibile e dinamica che possa adattarsi rapidamente ai cambiamenti e ai bisogni emergenti. In generale, il Piano rappresenta un’opportunità per le pubbliche amministrazioni italiane di compiere un salto qualitativo. È importante sottolineare che l’Inps ha già non solo raggiunto ma superato gli obiettivi del piano operativo inserito nel Pnrr per quanto riguarda lo sviluppo delle competenze Ict dei dipendenti. La nostra Direzione Formazione adotta percorsi formativi personalizzati basati sulle competenze preesistenti, sul ruolo e sulla posizione di ciascun dipendente. Con 41 tipi di interventi formativi, l’Inps ha garantito una copertura ampia, affrontando un’eterogeneità di competenze necessarie per l’operato dell’istituzione.Il raggiungimento e il superamento di questi obiettivi migliorano le competenze individuali dei dipendenti e, di conseguenza, eleva la capacità complessiva dell’Inps di servire i cittadini in modo efficiente e innovativo».

In una precedente intervista lei ha dichiarato che al termine del 2023 l’Istituto ha ulteriormente migliorato i risultati in termini di milestone e target, rilasciando 95 servizi a fronte dei 70 richiesti (servizi-contenuti del portale «One click by design»), formando 13.077 dipendenti a fronte dei 8.500 richiesti.

«Il superamento significativo degli obiettivi prefissati dall’Inps per il 2023, come parte del Pnrr, è un indicatore dell’impegno dell’Istituto verso l’innovazione e la formazione del proprio personale. E testimonia l’efficacia delle strategie adottate dall’istituto. L’approccio “One click by design” enfatizza la creazione di servizi intuitivi, accessibili e facili da utilizzare per gli utenti, riducendo le barriere all’accesso e semplificando processi che tradizionalmente potevano essere complessi.

Infine, formare 13.077 dipendenti rispetto al target di 8.500 rappresenta un notevole investimento sulle competenze del personale. Questo migliora l’operatività interna e assicura che l’Inps sia attrezzato per affrontare le sfide future nel panorama digitale. I risultati ottenuti indicano che l’Istituto è su un percorso di crescita e innovazione e svolge un ruolo centrale nel sistema di welfare italiano in un contesto in rapida evoluzione. E lo fa in linea con l’imperativo categorico pensiero di Immanuel Kant, che concepiva la sua filosofia come una “rivoluzione” e sosteneva: “Agisci in modo da trattare sempre l’umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre come un fine, e mai come un mezzo”».

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