Apprendimenti Futuri – La formazione del futuro, tra lavoratori e donne
Tratto da Speciale Inserto Digitale e Formazione Techne – Progettare il Futuro A cura di Roberta Bruno e Ugo Calvaruso da Il Quotidiano del Sud
Come Simona Marchi immagina la formazione del futuro?
L’intervista a Simona Marchi, direttrice dell’Area Formazione della Fondazione Di Vittorio, su formazione del futuro, lavoro e donne
Per l’evento “Apprendimenti Futuri. Confronto con gli Enti di Formazione”, è stata intervistata Simona Marchi, direttrice dell’Area Formazione della Fondazione Di Vittorio, sulla formazione del futuro, tra lavoratori e donne.
Apprendimenti, non solo formazione
Per Simona Marchi, direttrice dell’Area Formazione della Fondazione Di Vittorio, i temi centrali su cui discutere sono l’apprendimento, piuttosto che la semplice formazione, e il futuro che sarà, a partire dal dibattito sui progetti dell’Italia per il 2026.
«Mai come in questo momento c’è bisogno di apprendimenti», afferma. «Questa fase ha generato una crisi sotto vari aspetti: economico, occupazionale, relazionale e sociale, ma anche dell’identità dei mestieri e dei lavori. Abbiamo scoperto che ci sono mestieri “essenziali”, che non possono essere sospesi, e delle attività invece “non essenziali”, che possono essere remotizzate o addirittura fermate.
Rispetto ad entrambe le tipologie si è sviluppata consapevolezza e grande responsabilità. Ora come non mai è opportuno ragionare su cosa abbiamo imparato, ma soprattutto su come apprendere. Il cambiamento che stiamo affrontando sta trasformando il nostro modo di rapportarci alla vita e al lavoro, di organizzare i tempi e gli strumenti che li contraddistinguono».
Per Marchi è importante concentrarsi sul presente che stiamo vivendo
Per la direttrice della Fondazione Di Vittorio prima di concentrarsi sul futuro è dunque importante fermarsi e interrogarsi sul presente.
«Il presente è un tempo lacunoso: da un lato accoglie i richiami del passato, nostalgico di ritornare a certe routine, dall’altro c’è una forte spinta verso il futuro, che in parte è già qui. L’accelerazione verso il futuro, però, rischia di radicalizzare le disuguaglianze già presenti, che riguardano soprattutto giovani, donne e alcune fasce di lavoratrici e lavoratori».
Per questo è importante ricostruire l’identità e il senso del presente a partire dagli apprendimenti. Il cosa apprendere è già definito: l’ambiente, la digitalizzazione, la sostenibilità e la socialità. Sono tutti i grandi temi che si dibattono oggi, ma è importante capire qualcosa di più sul come.
«Quest’anno abbiamo appreso tramite le tecnologie. Tutti, o quasi, siamo scivolati online, si è venuta a creare una prima dicotomia tra chi ha potuto accedervi e chi no. Il come, ripeto, è importante. Il cambiamento, in questa fase centrale, non è qualcosa che accade e basta. Non è una reazione all’impatto della pandemia e della crisi.
Il cambiamento, come il futuro, è qualcosa che deve essere direzionato
Il cambiamento, così come il presente, deve essere attuato. Deve essere oggetto di un progetto di apprendimento riflessivo, che sia inclusivo di tutte le categorie significative rispetto al futuro che vogliamo raggiungere. La domanda, quindi, riguarda la costruzione delle condizioni di questa progettualità, di questa riflessività e di questa dimensione inclusiva dell’apprendimento».
La dottoressa Marchi sostiene che in questa fase si sono sviluppati diversi apprendimenti. Alcuni sono stati valorizzati, come la riscoperta dei territori e quartieri, altri invece no. Tra questi fanno parte le cosiddette “capacità negative”, ossia quelle abilità che l’uomo sviluppa di fronte alle catastrofi, che vanno salvaguardate poiché straordinarie.
«Con “capacità negative” intendo l’insieme di competenze che un individuo o un’organizzazione mette a disposizione per far fronte un’emergenza. Si tratta di una progettualità organizzativa attivata in situazioni di crisi, nelle quali le routine, le modalità abituali di pensiero e di azione diventano inadeguate alla prova dei fatti.
È diversa dalla “resilienza”, per come viene intesa oggi diffusamente, perché rimanda a competenze e abilità strutturali, creative e organizzative allo stesso tempo. Questi apprendimenti spesso rimangono taciti e non vengono valorizzati, perché nella ricostruzione delle condizioni di “normalità” vengono rimossi. Invece sono fondamentali», spiega la Direttrice.
La formazione, dunque, può giocare un ruolo fondamentale sia nel dare una direzione al cambiamento che stiamo affrontando, sia al fine di non radicalizzare quelle disuguaglianze già presenti nella società, una delle quali riguarda proprio la condizione femminile.
Smart working e donne, la formazione che serve al futuro
Lo smart working, inteso come una modalità nuova di organizzazione dei processi di lavoro per obiettivi e per gruppi, è un esempio di come la formazione giochi un ruolo fondamentale, perché richiede un cambiamento sia per i lavoratori e le lavoratrici, che per le imprese.
Da un lato, il lavoro da remoto ha eliminato una parte del pendolarismo facendo riscoprire routine abbandonate, il territorio e le piccole attività e liberando tempo. Dall’altro lato lavorare da casa ha richiesto diverse competenze nel riorganizzare la vita lavorativa tra le mura domestiche, che per la Direttrice ha visto impegnate soprattutto le donne:
«Lo smart working è stata una modalità innovativa di organizzazione del lavoro, ma si è giocata in particolar modo sulle spalle delle lavoratrici, perché sono state quelle che hanno gestito contemporaneamente diversi ambiti di vita».
Smart working, strumento di conciliazione per le donne?
Lo smart working viene, forse in maniera semplicistica, considerato uno strumento di conciliazione: “Chi sta a casa può lavorare e al contempo si può occupare della casa e dei figli e delle persone anziane. Ma di fatto è difficile farlo, se non a costo di dilatare i tempi di lavoro lungo tutto l’arco della giornata e della settimana.
Lo smart-working, inoltre, non è detto che debba svolgersi da casa una volta terminata l’emergenza sanitaria, in molte città si sta pensando a luoghi appositamente dedicati. Ed è bene che le lavoratrici escano di casa per evitare di rimanere intrappolate», sottolinea la dottoressa Marchi.
Per Marchi la formazione ha un compito etico per il futuro
La dottoressa Marchi mette in luce altri due temi in “rosa”, come: il rientro nei luoghi di lavoro prioritariamente maschile e quello dell’aumento della violenza sulle donne, sia in casa che sul lavoro. «Temi sui quali va fatta formazione a tutti i livelli», continua la Direttrice, «perché sulla pelle delle donne si sta giocando una partita importante.
Questa è la formazione di cui abbiamo bisogno, che parte di un’idea di sviluppo che si basa sui temi della sostenibilità e dell’inclusione». Reinventare i rapporti e ripensare le modalità partecipative diventano dunque temi centrali per costruire insieme un progetto riflessivo per il cambiamento e per il futuro.
«La formazione ha un compito importante nell’ambito della partecipazione, perché può costruire le condizioni, in termini di saperi e competenze, per poter partecipare alla discussione sul cambiamento e sul futuro. La partecipazione non “accade”, ma va costruita sulla base della fiducia e guardando alle persone come portatrici di un’idea e di un valore».
Il compito etico fondamentale della formazione è dunque la partecipazione attiva delle persone all’apprendimento, in modo tale da costruire il cambiamento che più si desidera.
Guarda l’intervento di Marchi sulla formazione del futuro del 25 marzo in Apprendimenti Futuri
Curiosità: chi è Simona Marchi
Simona Marchi è direttrice dell’Area Formazione della Fondazione Di Vittorio, è stata direttrice generale di SMILE nazionale, presidente di Reflective Learning Italia, ricercatrice presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università La Sapienza di Roma.
È autrice di diversi saggi pubblicati da riviste e case editrici nazionali e internazionali, su metodologie di ricerca, apprendimento riflessivo, apprendimento mediante l’uso delle nuove tecnologie, apprendimento e sviluppo organizzativo, riconoscimento e validazione delle competenze.